Nel 1590, la sede parrocchiale fu trasferita dall’antica chiesa abbaziale a quella di S. Nicola, di cui si e gia fatto cenno. Di questa chiesa è ricordato 1’antico nome di Stallone, che fa pensare sia stata costruita ove era una stalla o taverna. Lo spostamento della parrocchia indica che il paese si era notevolmente ingrandito e il suo centro non era più l’abbazia-santuario.
Bonifacio VIII aveva concesso, insieme ad altre chiese, il 24 febbraio 1303, “l’ecclesion sive domum S. Nicolai de Ursaria” al Cardinale FRANCESCO DI S.. MARIA IN COSMEDIN ed è questa la prima volta che si trova citata la chiesa di S. Nicola dì Orsara.
Nel 1305, 1’Abbazia di Orsara aveva come commendatore Francesco Caetani, cardinale di S. Maria Cosmedin; ne era amministratore il suo vicario Bernardo Bufolo. Al Bufolo subentrò Bartolomeo Fontanarosa, che, fino al 1325, pagava le decime anche per le chiese di S. Felice e S. Gervaso site nei pressi di Crepacore. Francesco Caetani aveva gia avuto, nel 1303, dallo zio Bonifacto VIII la concessione della chiesa di S. Nicola di Orsara, considerata come beneficio ecclesiastico distinto dall’abbazia (“….ecclesiam sive domum sancti Nicoiai de Ursaria trojanae diocesis”).
Questa chiesa sembra sia stata fondata alla fine dell’XI secolo nell’entusiasmo suscitato dalla notizia che le reliquie di S. Nicola erano giunte a Bari (la notizia è in un foglietto allegato ad un registro parrocchiale di Orsara). La concessione al Caetani e il diploma di Carlo, figlio del re Roberto d’Angiò, che nel 1322 riconobbe il possesso di questa chiesa alla S. Sede, sono le prime notizie di un’altra chiesa, diversa da quella abbaziale, che si avviava ad essere la più frequentata dalla popolazione. Francesco Caetani mori nel 1317 e non furono nominati altri commendatori.
Nel 1590 si era verificato lo spostamento della sede parrocchiale del Capitolo di Orsara dalla Chiesa dell’Angelo a quella di San Nicola di Bari, con il mantenimento del titolo di Sant’Angelo e del sigillo con l’effigie dell’Arcangelo Michele e la legenda “Capitulum Sancti Angeli de Ursaria”. Lo spostamento comportò il trasferimento degli arredi sacri con il fonte battesimale, la statua dell’Arcangelo ed il monumentale coro ligneo.
Nel 1622, la nuova chiesa parrocchiale fu notevolmente ampliata con la costruzione della navata centrale, che occupò parte dell’antistante piazza originariamente a forma rettangolare. Per i lavori si spesero 600 ducati ricevuti da un legato testamentario di Angelo Cozza. Nella nuova chiesa fu portato il dipinto di Antonio Solario, detto Lo Zingaro(1382-1445) e il coro ligneo dell’abbazia, dei quali si ricordano i 18 stalli laterali e quello centale per 1’abate raffigurato in bassorilievo con le insegne vescovili.
Sulla facciata laterale di questa chiesa vi sono due epigrafi, che si riportano anche se da esse non può desumersi alcuna notizia di particolare interesse. Su una pietra incastonata nella parete si legge: NICOLAO DICATU 1.9 PAR S 1662 e sull’architrave di una porta ora murata M(i)RABILI PASSION(i)S D(omi)NI NOSTRI IESU XPI (Christi) CONFRATRES URSARIENSIS IN MEMORIA(m) ET VENERATIONEM SU(m)PTIB(us) PROPRIIS EREXERE ANNO AB INCARNATO VERBO MDCLII (I confratelli di Orsara nel 1652 eressero a proprie spese in memoria e venerazione della passione di Gesù Cristo).
Della statua del protettore S. Michele si sa solo che fu opera dello scultore napoletano Giacomo Colombo (1663 -1730). Viene portato nella Grotta nel Periodo della Festa Patronale.
Nel 1624, giunse ad Orsara, trasportata su un carro, la statua della protettrice Madonna della Neve (a S. Maria ad Nives è dedicata la Basilica di S. Maria Maggiore di Roma, opera del napoletano Aniello Stallato, che ebbe in compenso cento ducati ricavati da un legato di Camillo Noia. Altri cento ducati per il trasporto furono pagati dal prete Antonio di Panni. La statua fu sistemata nella chiesa omonima. Questa chiesa, costruita nell’XI secolo molto vicino al canale (ora ricoperto), era crollata per una frana; nel 1620 fu costruita nella posizione attuale utilizzando le somme ricevute da molti legali testamentari.
Il Reverendo Capitolo possedeva: La Cappella del SS. mo Rosario, La congregazione dei Morti, La SS.Ma Concezione, La Cappella di S. Maria della Neve, La Cappella del SS. mo Sacramento,
La Cappella della SS.ma Nunziata, Il Convento di S. Giovanni Battista, Convento di San Domenico, Santa Maria delle Grazie, San Giovanni, San Pietro.
Le cariche nell’amministrazione dell’Ordine, a parte quella di Gran Maestro, erano quelle di commendador mayor, clavero, prior, sacristan e obrero. Il Gran Maestro risiedeva di regola nel Sacro Convento di Calatrava la Nuova (poi Cividad Real) che era la casa madre dell’Ordine ed era posta a poca distanza da Calatrava, rioccupata dai Musulmani e liberata da Alfonso IX fra il 1212 e il 1218.
All’attività guerresca erano state conformate le regole di vita dei Cavalieri, così come i loro abiti, ma le opinioni non sono concordi su questo punto. I monaci dovevano vestire in costume simile a quello di Citeaux o con abito simile a quello dei secolari con uno scapolare bianco con cappuccio attaccato ad una mozzetta, per lo meno fino al 1397, quando ebbero da Papa Benedetto XIII il permesso di portare solo una Croce Gigliata di panno rosso attaccata alla parte sinistra dell’abito.
I Cavalieri portavano tonache corte per montare a cavallo, scapolare, mantello (rivestito all’interno di pelle di agnello), e cappuccio, il tutto di solito in lana. Dal 1222-1224 i Cavalieri portavano durante i servizi religiosi anche la cocolla monastica dei religiosi del coro. L’insegna dell’ordine era una Croce Gigliata rossa in forma semplice al principio, sempre più elaborata poi. Dall’Ordine di Calatrava dipendevano spiritualmente gli ordini di Alcantara, Contesa, Avis, Evora, e Di Cristo (gli ultimi due di origine portoghese) mentre gli ordini di Trujillo e Monte Frago furono totalmente assorbiti. All’ordine fu affiancato nel 1213 un ramo femminile da esso dipendente.
Le notizie storiche relative all’Ordine di Calatrava sono state desunte da: BONANNI F., Catalogo degli ordini Equestri e Militari, Roma 1711. CAPPELLETTI L., Storia degli Ordini Cavallereschi, Bologna 1969 Rist. an.; PULLE’ L., Dalle Crociate ad oggi – Rassegna degli Ordini Militari Ospitalieri Religiosi e di Cavalleria di tutto il mondo 1048-1904, Milano 1905. STORIA DEGLI ORDINI MONASTICI RELIGIOSI E MILITARI E DELLE CONGREGAZIONI secolari, Lucca 1737, Vol. VI, tradotto dal francese da P. Fontana. MORONI V., Dizionario storico ecclesiastico, Venezia 1840, Vol. V. DIZIONARIO DE HISTORIA DE ESPANA (Rivista de Occidente) Madrid 1968. DIZIONARIO DEGLI ISTITUTI DI PERFEZIONE, Muscolo 1973, Vol. I. MANRIQUE A., Cistercensium seu verius Ecclesiasticorum Annalium a conditio Cistercio, Ligduni 1642.
Di epoca anteriore all’ XI secolo è la chiesa abbaziale di S. Angelo, in seguito detta di S. Maria e, oggi, dell’Annunziata perchè, in una certa epoca, fu sede della confraternita S. Maria Annunziata.
La chiesa sembra una fortezza per la sua posizione sull’orlo di un precipizio e per la mancanza di qualsiasi elemento decorativo. Ha forma rettangolare con 1’abside orientato verso est e due ingressi laterali sul lato opposto. Sulla parete ad ovest vi sono due finestre monofore a centina ed una finestra centrale a livello più basso. La copertura è costituita da due cupole ellissoidi di diverse grandezza, intervallate da una volta a botte ed inglobate nei muri perimetrali. La tecnica costruttiva, indubbiamente orientale, conferma la sua origine bizantina.
E’ tradizione che la chiesa attuale sia l’unica navata superstite di una originaria Chiesa a dodici navate, che occupava tutta l’area dell’adiacente villetta comunale. Questa tradizione non ha fondamento; essa ricorda soltanto un passato più splendido, anche se lo stato attuale dell’edificio mostra evidenti le manomissioni ed i rimaneggiamenti subìti. Ad un livello più basso, rispetto a questa chiesa vi è la Grotta di San Michele. Questa grotta, di origine naturale, ha avuto modifiche e adattamenti
Una rozza epigrafe, esistente nella grotta, indica che i lavori di miglioramento furono fatti da Martinus et Mini de Altamura nel 1527.
In origine, l’imboccatura della grotta dava su un ripido declivio; onde, per l’accesso, si costruì 1a scalinata scavata nella roccia. Poi si creò lo spiazzo antistante all’imboccatura e vi si costruì la Chiesa dedicata a S. Pellegrino. Quest’ultima fu dedicata a questo santo e, forse, anche costruita nel 1643: quando l’arciprete Francesco Calvani (1642-52) ottenne da G.B. Astalli, vescovo di Troia (1626-46) l’osso del pollice destro di S. Pellegrino, il cui corpo si conserva nella cripta della cattedrale di Foggia.
Già parzialmente crollata, la chiesa fu demolita nel 1810;
Il paese aveva un campo fortificato nel luogo oggi detto Capalummo o Castello, ove si notano ancora i ruderi delle antiche torri di impianto romano o alto medioevale. Vi sono ancora alcuni pezzi delle antiche mura. Non lontano dall’odierno largo S. Michele vi è un torrione e, dove via Volpe sbocca in via Trento, vi è la porta cosiddetta Ecana, che, forse, non è quella originale neppure per il nome. Anticamente la porta principale del paese era quella detta S. Pietro, forse un pò più avanti dell’odierna piazza omonima: era così denominata perchè da essa iniziava la strada che portava al santuario di S. Pietro di Montellere o di Sannoro, citato in molti documenti medioevali. La porta a nord dell’abitato prende nome dalla chiesa e dal monastero adiacente, fondati, con un ospedale, dai Cavalieri di S. Giovanni (detti di Malta o Ospitalieri). Allontanatisi i fondatori in epoca imprecisata, la chiesa ed il convento furono concessi ai Domenicani nel 1417 e, come risulta da una bolla del papa Pio II in data 24 settembre 1458, erano una dipendenza del monastero di S. Severo appartenente allo stesso ordine.
Ad Orsara la prima campana di cui si ha notizia pesava sei cantari e mezzo; fu inaugurata dal vescovo Tommaso De Marco il 23 dicembre 1692 mentre era arciprete Vincenzo Staffieri. Un’altra campana, del peso di sette contari, fu fusa il 20 agosto 1725 da Gio Batta Tarantino e fu istallata il 24 dicembre 1728; la legna occorrente per la fusione fu offerta dalla popolazione; il fonditore ebbe un compenso di 70 ducati. Giovan Domenico Tarantino, il 20 dicembre 1742, costruì un’altra campana di sette cantari impiegando 50 rotoli di rame; il prezzo di 60 ducati fu pagato dall’università di cui era sindaco Diego De Respinis. I Tarantino risiedevano ad Orsara, ma erano originari di S. Angelo dei Lombardi.
Le prime notizie sulla Chiesa Madre di Orsara risalgono al 1303, quando Bonifacio VIII la concesse al nipote Cardinale Francesco Caetani. Ovviamente non aveva le attuali dimensioni. Prima del 1656 era una chiesa ad una sola navata e l’abside occupava l’odierna sacrestia. Essenziale e sobria nella sua semplicità aveva l’ingresso che si apriva sulla Piazza di fronte all’attuale Via Cavour. Nel 1590 l’antico Capitolo di S. Angelo e S. Maria si trasferì in questa Chiesa per motivi diversi dicono le fonti ufficiali: Per essersi trovato l’antico Capitolo in posizione periferica rispetto alla crescita del paese e per l’ inagibilità della stessa. In realtà i Guevara in questo periodo vi apportarono modifiche radicali e “costrinsero” il clero a spostarsi nella “Ecclesia sive domus Sancti Nicolai Ursariae”.
Nel 1602 sorse la congregazione del Santissimo Sacramento che vi eresse a sue spese una Cappella, come ci attesta l’iscrizione dell’architrave dell’ingresso murato.
SACRAMENTO MIRABILI PASSIONIS DNI NOSTRI
IESUS XPI CONFRATRES URSARIENSES IN MEMORIA
ET VENERATIONEM SUB TIB??? PROPRIS EREXERE
ANO AB INCARNATO VERBO MDCII (Nell’anno 1602 dall’incarnazione del Verbo i confratelli di Orsara eressero a proprie spese in memoria e venerazione al Sacramento della Mirabile Passione di nostro Signore Gesù Cristo).
E poco dopo, nel 1622, cominciarono i lavori di ampliamento della chiesa. Da edificio ad un’unica navata venne trasformato in chiesa barocca a croce latina, diventando la primitiva navata il braccio più corto della croce e l’edificio aggiunto divenne la navata centrale.
In origine ai lati della navata si aprivano 10 cappelle e ve ne erano altrettante a sinistra e a destra. Venne costruita anche la torre campanaria. L’altare venne spostato dal primitivo sito, che divenne la sacrestia, e collocato di fronte alla navata centrale.
Sotto l’altare vi era la cripta che fungeva da sepoltura dei sacerdoti ed alla quale si accedeva da una scalinata che si apriva al centro della navata.
Le cappelle avevano la funzione di tombe delle famiglie più importanti e all’ingresso vi era quella del “publico” (dei cittadini poveri). Oggi tutto questo non esiste più.
Un forsennato, quanto disgraziato, intervento di restauro effettuato sotto l’Arcipretura di D. Costantino Goffredo ha eliminato per sempre le caratteristiche dell’edificio.
Ai lati della navata centrale si possono ammirare scene del Vecchio e Nuovo Testamento e, cominciando da sinistra, vi sono tante terrecotte di ????????????? che rappresentano la Crocifissione di Gesù Cristo ambientata in Orsara, dono di Rocco Mescia, alla nostra chiesa.
Sul lato destro dell’altare vi è il fonte battesimale del 1600 e a sinistra un crocifisso in pietra di scuola fiamminga proveniente dal distrutto Casale di Ripalonga (forse Castellum Novum) rappresentante la Crocifissione e la Sacra Famiglia sul retro.
Un calice in argento, argento dorato con tracce di smalti traslucidi nei colori blu e verde : Un calice di fattura sulmonese. Una ricerca ancora in corso sull’argenteria sacra pugliese d’età medioevale ha portato al rinvenimento di un prezioso e inedito manufatto custodito nella chiesa di San Nicola di Bari ad Orsara di Puglia. Si tratta di un calice in argento, argento dorato e con tracce, seppure infinitesimali, di smalti traslucidi nei colori blu e verde. Nell’attesa certo di più approfondite analisi, che meglio evidenzieremo in altra sede, è fuori dubbio che esso sia un oggetto prodotto a Sulmona molto presumibilmente a cavallo tra il Trecento e il Quattrocento, comunque non oltre la metà del XV secolo.La città abruzzese, infatti, fu centro assai qualificato nella lavorazione dei metalli preziosi tante che in un vasto e ben documentato quadro di rapporti con la nostra regione da quì giunsero diverse opere ragguardevoli come la notissima copertura di Evangelario della Cattedrale di Lucera, ora nel vicino museo Diocesano, e taluni altri reperti conservati nel tesoro della Cattedrale di Troia e nel Tesoro della Basilica di San Nicola di Bari. Le parti originali del Calice di Orsara sono per l’esattezza la base e il fusto mentre la coppa, caratterizzata da decori vegetali a sbalzo e traforo di chiara produzione napoletana, sostituisce quella primigenia andata molto probabilmente perduta nel corso del XVII secolo e dove, forse, era impresso il punzone sulmonese. La base mistilinea è contrassegnata da sei lobi alternati a punte e da un orlo modanato punzonato nel mezzo di minuti fiorellini. La nervatura centrale di lunghe foglie attorcigliate, suddivide il piede in sei scomparti – da un fondo ‘a buccia d’arancia’ emergono sei cornicette quadrilobate che accolgono altrettante piastrine ove sono incisi santi a mezzo busto, un tempo smaltati come lo erano quelli del sovrastante nodo oltre agli elementi floreali (gigli angioini?) del fusto esagonale. Non conosciamo l’artefice del calice di Orsara ma alcuni particolari, come l’insieme delle parti costruttive e la presenza di fiorellini ai lati dei santi posti nei quadrilobi oltre a taluni caratteri fisiognomici, portano per intanto ad accostarlo a quello noto e assai meglio conservato del Convento della Santissima Trinità di Sepino(Campobasso) che però, proviene dalla locale chiesa dell’Annunziata. Questo calice porta bene in evidenza il nome del maestro Nicola Aventino di Sulmona. Un elemento, forse, che potrebbe giustificare l’arrivo ad Orsara di un simile manufatto, tutto però da approfondire sul piano delle indagini, non possa altro che per un evidente anacronismo è dato dalla presenza a Troia del Vescovo Nicola de Casis o de Cesis che, originario dell’Abruzzo, amministrò la Diocesi dal 1361 a prima del 1366 che è l’anno del trasferimento a Venafro, del suo immediato successore Guido. Proprio in questo territorio diocesano rientrava il comune di Orsara di Puglia sede, peraltro, di un importante ed antico complesso abbaziale, sotto il titolo di San Michele, del quale bisogna tener conto in questa vicenda.
L’altare, di marmi policromi, è un bell’esempio di architettura barocca.
Dietro l’altare, nell’abside, è collocato un magnifico organo del 1756, dono del Vescovo di Troia alla chiesa di Orsara. Ai lati dell’altare maggiore vi sono le cappelle di S. Michele e della Madonna Addolorata con due grosse tele di scuola napoletana e tedesca e le statue dell’Addolorata, di S. Michele, di Cristo morto e della Madonna della Neve.
L’Edificio, così completato, venne dedicato di nuovo a S. Nicola di Bari nel 1622 come ci attesta l’epigrafe di una delle finestre, divisa in due pezzi utilizzati come architrave e basamento:
TEMPLUM DIVO N ICOLAO DICATU
ANO DNI VIRGINE 19 PARTUS 1662
(Tempio dedicato al divino Nicola nell’anno del Signore dal parto della Vergine 1662).
La consacrazione si rese necessaria per la definitiva sistemazione della chiesa madre.
In essa furono portati parte degli arredi sacri e alcune sculture della Chiesa dell’Angelo. Dei documenti in cartapecora (pergamene), dei prodotti dei monaci non è rimasto nulla, tranne una pergamena del 1342 e due antifonari del 1400. La Chiesa attualmente custodisce un archivio che è indubbiamente la più sicura fonte per la conoscenza della storia di Orsara negli ultimi 4 secoli: i Registri dello Stato Civile, gli Status animarum e copia dei documenti, i cui originali sono svaniti nel nulla o forse artatamente distrutti, come afferma V. Del Giudice da chi ne traeva vantaggio: l’episcopio troiano e casa Guevara.
Chiesa Valdese
La chiesa Valdese è nata nel 1900 ad opera di alcuni emigranti. Questi dagli U.S.A. portarono ad Orsara l’Evangelo delle comunità valdesi e subito dopo fondarono la Chiesa Valdese di Orsara di P.
La chiesa, posta al centro del paese, fu acquistata dai fedeli. Essi parteciparono ad un versamento di quote in un libretto di risparmi nel 1932.
Nel 1933 la Tavola cominciò ad interessarsi del problema. A novembre, dopo una visita del Capodistretto Paolo Bosio , seguì un sopralluogo di un tecnico. A Gennaio del 1934 la Tavola prese la decisione ed a febbraio la comunità ebbe il suo nuovo Tempio. In venti giorni, con una spesa di £. 1725,00, oltre ad alcune centinaia di giornate di lavoro il tempio potè essere inaugurato: era l’11 marzo 1934
Chiesa S. Salvatore sec. XIX
Edificato extra- moenia ( fuori le mura ), il
tempio risale al XVII secolo. Successivamente, nel 1837, fu inglobato nel cimitero.
Attualmente funge da cappella per le sacre funzioni della Commemorazione dei defunti.